Metamorfosi

PENSIERI, RACCONTI, CRONACHE E POESIE

martedì 29 settembre 2009

La signora con gli occhiali neri


Come ogni notte, era arrivato il momento. Una mano diafana scostò il leggero lenzuolo viola, la donnina si alzò a scatti dal letto cigolante. In un angolo della camera, il volpino marrone aprì un occhio, temendo i soliti rimproveri e le solite minacce, ma stavolta fu risparmiato; chiuse l’occhio e si rimise a dormire, tremando.
Buio pesto; nel palazzo, il silenzio era carico di attesa. Qualcuno al piano di sotto e negli appartamenti accanto sperava. La minuta signora controllò l’orologio sul comodino : ore tre. Perfetto! Pensava. Raggiunse a passi decisi, in pantofole rosa e vestaglia corta color ghiaccio, l’ingresso e impugnò, con una forza insospettabile, l’enorme oggetto di legno. Ora esisteva e poteva fargliela vedere lei a chi la credeva invisibile. Sollevò quella specie di mazza e, curvando le ginocchia e allargando i gomiti, colpì il mondo intero, l’universo. Comunicava a tutti la sua realtà. L’urto violento col pavimento, della grande massa, produsse un boato potente. Il silenzio, interrotto, amplificò l’esplosione, che la minuta signora ripeté, a intervalli precisi. L’onda sonora, che avvisava tutti della sua onnipotenza, attraversò travature e pareti portanti, diffondendosi opportunamente sia verso i piani sottostanti sia verso quelli superiori e su fino all’attico e giù fino alle nere cantine. Soddisfatta del suo operato, si rimise a letto supina a occhi aperti. Osservava le ombre del soffitto verde chiaro e pensava che i suoi occhi piccoli e cattivi non doveva mai vederli nessuno; per questo aveva sempre degli occhiali di specchio nero. Il rito fu ripetuto alle cinque del mattino e alle sette, ora in cui alcuni vicini le inviarono maledizioni e bestemmie varie, alle quali rispondeva a tono dal chiuso del suo rifugio.
Nessuno la vedeva uscire di casa, sceglieva accuratamente orari sperduti. Nessun rimprovero sembrava sortire effetto alcuno, nessun comportamento, educato o indifferente. Si appostava nell’angolo del pianerottolo con la faccia al muro pensando di non essere vista. Per strada camminava rasente i muri perimetrali dei palazzi e nel supermercato la si poteva vedere ferma a lungo incollata a un pilastro o alle pile di acque minerali. Quando sentiva qualcuno passare per il suo pianerottolo o i vicini chiamare ed attendere l’ascensore, da dietro la porta chiusa emetteva strani ululati o mostrava di parlare con qualcuno.
“ Basta!” gridava continuamente “ Basta , o ti ammazzo!”. Con lei viveva solo il volpino sventurato, bersaglio di umiliazioni continue e urla. Aveva anche perfezionato una specie di dialogo al telefono; non aveva né amici né parenti, vicini. “Mi devi dare i soldi!” a voce alta per farsi sentire da dietro la porta blindata “I soldi ! Hai capito?” e ripeteva e ripeteva. La ‘i’ di capito diventava sempre più forte e strascicata, mentre la voce teneva una specie di esitazione sul ‘ca’, e il ‘to’ tendeva a un ‘tu’, la ‘o’ si chiudeva definitivamente. Per circa un intero anno un mezzo foglio di quaderno attaccato all’esterno della sua porta avvisava :“A nessuno deve essere data la mia posta Nessuno deve entrare nel mio monolocale senza il mio permesso specialmente i miei parenti”. In un italiano approssimativo che non si curava né di interpunzione né di maiuscole o minuscole. Era l’unico modo per comunicare con gli altri. Senza pause, senza attendere risposte, senza respirare. Aveva anche scritto, in un primo periodo, i cognomi di due odiati condomini. Dopo le rimostranze fatte da uno di loro, prima cancellò i nomi, poi sostituì il cartello con la precisazione riguardante solo i suoi parenti. Aveva ereditato l’abitazione da un convivente a cui aveva promesso di badare fino a tarda età. Quando giunse la prima malattia lo depositò in un lager per anziani, dove in breve morì. I parenti del vecchio provarono a toglierle la proprietà; lei aveva una carta firmata e dovettero piantarsela.  Il volpino abbaiava, abbaiava stizzoso. Dopo anni di rumorose guerre diuturne e notturne, improvvisamente tutto cessò. Non la si vedeva neanche più scivolare, ombra di se stessa, nei pianerottoli e nel cortile. Dall’estrema magrezza sembrava essere passata proprio all’invisibilità. I carabinieri la trovarono, riversa nel suo ingresso, nera e maleodorante, una vena della tempia aperta. L’impermeabile color crema, stretto dalla cintura, le scarpine nere e il carrello della spesa in piedi, accanto. Gli occhiali neri, opachi. Era implosa. Questa è la storia di una strana creatura, che era venuta nella grande città dalla sua terra lontana.
Forse con altre idee; forse con altri sogni; forse con altre intenzioni.
                                                                                                                                 G.D.




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lunedì 28 settembre 2009

Memoria dell'acqua


Mettete un pentolino di acqua sul fuoco e fatela bollire, poi riponetelo con il recipiente nel frizer assieme ad un altro recipiente di acqua fredda, ebbene scoprirete che l'acqua calda congela più in velocemente di quella fredda! Perché ? Per un fenomeno semplice: le strutture che collegano le molecole d'acqua con legami di idrogeno, subiscono una serie di cambiamenti nei passaggi di stato dei quali rimane traccia nell'acqua in virtù di fenomeni di "isteresi". In altre parole l'acqua ricorda (quindi memorizza) il percorso energetico ed entropico, che ha subito nella fase di riscaldamento, e durante il processo di congelamento, lo ripercorre in senso inverso e con maggiore velocità. "Ricorda", cioè, tutto il "percorso" effettuato precedentemente. Provare per credere !

Mondello 'Lo Stabilimento' -Foto da web-

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Le ali

Nell'orrido involucro, che pareva una cosa marcia e morta, sentiva crepitare cartilagini nella zona delle scapole. Pinne fluttuanti in un liquido azzurrognolo?  Penne di ali per un fluido leggero come l'aria? Cosa sarebbe spuntato! Chissà quale messaggio il codice genetico mutante avrebbe inviato alle cellule che andavano moltiplicandosi......Senza occhi la mente pensava: vedremo, basta attendere finchè dura il tempo dell'attesa......
-Foto ritocco da web-




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venerdì 25 settembre 2009

Che faticata!



Ho preparato le arancine con la mia ricetta, una faticata pazzesca. Meno male che mia moglie ha lavato tutto: pentole, pentolini, scodelle,piatti. Ha dovuto anche spazzare e pulire le pareti dagli schizzi di ragù.
Domani le friggerò e le mangeremo, a pranzo coi figli e a cena coi cugini.Ci saranno anche fichidindia e una bella insalatona.

- La frittura - foto di G.D.


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