Trenitalia
28 ottobre 2009
Andata- viaggio Roma / Palermo
Stazione Termini ore 7.00
Ai lati di un tavolino centrale striato di lerciume occhieggiano i fori di una presa di corrente.
3 novembre 2009
Ritorno- viaggio Palermo / Roma
Stazione di Palermo ore 7.00
Giuseppe Davì
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Andata- viaggio Roma / Palermo
Stazione Termini ore 7.00
Il treno per Palermo è gia nel suo binario, il numero 5. Faticosamente, per via dei nostri anni e delle nostre patologie, io l’ipertensione e mia moglie un’ artrosi mescolata con l’artrite, ci arrampichiamo per gli altissimi scalini sul vagone 005. Nel ‘Peloritano’ abbiamo prenotato due posti vicino ai finestrini per godere del panorama, in una prima classe, nella speranza di una comodità per questo viaggio desiderato da anni. Io ho voluto riavvicinarmi alla città della mia giovinezza e dei miei studi, con i tempi lunghi per una possibilità di pensare e di riflettere. Non vedo parenti e amici da 21 anni, mia moglie da 8. Le poltrone sono ampie e comode ma il grigio della tappezzeria è diventato nerume in corrispondenza della testa e dei braccioli. Sotto la mano destra lunghi sfilacci di stoffa, pendono tristemente. I vetri doppi della finestra sigillata contengono delle veneziane che scorrono in su e giù azionando dei pulsanti scrostati.
Si parte in orario, una signora in un posto di fronte tenta di collegare il suo portatile, ma lo schermo non s’illumina, tenta con altre prese: niente da fare, non ne funziona nessuna, dovrà scaricare la batteria e il viaggio durerà 12 ore circa. La periferia e la campagna laziale sfilano veloci ai nostri lati, le immagini sono velate dalla sporcizia fitta dei vetri esterni, la tristezza comincia la sua scalata. Avremmo voluto portare le carte per il nostro burraco, ma nella fretta le abbiamo dimenticate. Chiusi nel vagone piombato la tristezza si trasforma in noia. Passa un controllore e fora i biglietti. Treno amico ci ha fatto risparmiare qualcosa, per questo ci siamo permessi sia per l’andata che per il ritorno, fra una settimana, la prima classe. Palermo ci attende, ma il pentimento comincia a serpeggiare nei nostri pensieri. La giornata è piena di sole, le coste marine della nostra bella penisola continuano ad essere guardate attraverso lo sporco fitto dei vetri e il fascino di un’antica cartolina corrosa, si esaurisce ben presto.
Mia moglie tenta di abbassare le veneziane perché ha anche un problema alla vista e la forte luce dall’esterno, preferirebbe che fosse smorzata. Non si muovono; al sistema non arriva più l’energia necessaria.
Treno Amico mostra la sua vera faccia, ipocrita. Si respira a malapena, anche se il vagone è quasi vuoto, molti sono scesi a Napoli. Durante la sosta una professionista bassa e grassoccia ha tentato l’elemosina comunicando vedovanza e figliolanza numerosa e un giovane volpino ha tentato veloce l’offerta di bracciali d’oro genuino. I due sono stati rapidi a sparire. Nonostante tutto, il mare verde e blu e la costa ora sabbiosa ora rocciosa flagellata da cavalloni spumeggianti , ci ha inviato suoni e profumi dimenticati. La natura è indifferente alla nostra sorte. La temperatura sale e il respiro si fa sempre più faticoso. Lo comunichiamo al nuovo controllore, un giovane con un cerotto sulla fronte. Ora sta controllando il pannello di fronte alla porta del gabinetto, torna e ci comunica che l’impianto d’aerazione non funziona e che tenterà di aggiustarlo quanto prima. Solo adesso ci rendiamo conto che era già da un po’ di tempo che l’aria si era surriscaldata. Passa il carrello del bar, ma noi abbiamo la nostra acqua e un thermos di caffé. Sentiamo sempre più caldo, ci togliamo maglioni e giacche, anche gli altri danno segni d’insofferenza. Il controllore è sparito e mia moglie ha il viso che diventa sempre più rosso, sudiamo e ci sventoliamo con la settimana enigmistica. Ripassa il carrello del bar e il ragazzo sgarbatamente c’invita al consumo delle sue cianfrusaglie liquide. Al passaggio nelle gallerie le luci restano spente; il buio tunnel puzza di morte. Nelle 2 ore successive il carrello ripassa per altre 4 volte avanti e indietro e sempre più infuriato, siamo in pochi e nessuno gli compra neanche 1 caffé. Sopportiamo in silenzio anche le spiegazioni inutili di un ennesimo controllore, … quanti controllori sono passati… o abbiamo le allucinazioni…non si può neanche andare in bagno: puzza ed è sporco in modo notevole. Mi alzo per controllare gli altri vagoni. In seconda e in quello per Siracusa tutto a posto: respirano aria fresca, le veneziane funzionano e sembra pulito e miracoloso, in modo speciale in quello per Siracusa, aiutati dalla Madonna, sicuramente dalle sue lacrime. Un controllore, anziano, passa e ci guarda senza compassione, sparisce veloce. Divoriamo nervosi i nostri tramezzini, cotto e sottilette, ci dissetiamo con la nostra acqua minerale naturale. Il tempo scorre lentamente nel silenzio, la signora del portatile ha tentato di fare presente il problema, ma è zittita dal controllore, uno dei tanti, a cui si è rivolta. Stiamo per arrivare a Villa San Giovanni, quando si avvicina un controllore alto e magro, il volto sorridente. Si siede sul bracciolo accanto a noi e, vedendomi ansimare preoccupato per mia moglie dal volto paonazzo, inizia a parlare con voce dolce e suadente. Io mi alzo e sto per vomitare. Mi allontano. All’incazzatura sostituisco la prudenza e mi preparo ad accettare insieme agli altri quattro passeggeri la proposta di spostarci in seconda dove almeno si respira. Ci accolgono guardando il nostro ingresso, accompagnati da 2 controllori, come se fossimo dei delinquenti beccati in flagrante poi continuano le loro chiacchiere. Un simpatico anziano parla e parla continuamente, a voce alta, una bimba cicciotella e bellissima corre avanti e indietro sorridendo, gli occhi neri brillanti. Traghettiamo, con sussulti e al buio, nel ventre d’acciaio fumoso d’umidità, sotto travi d’acciaio imbullonato e ricoperto da infinite verniciature. Vado sul ponte e non mi commuovo alla vista della costa siciliana, compro due arancine e le porto nel treno. Mastichiamo al buio fitto e il sapore colloso del riso scotto sepolto da una crosta dura rischia di intasare la gola. Il ripieno è una pappa insipida. La fanno di simmental bavarese; lo conferma la nostra compagna di disavventure, che dalla Svizzera torna a Sant’ Agata di Militello per un periodo di riposo.
Adesso il treno fila, correndo accanto ad un mare di smeraldo, l’aria profuma d’alghe, sembra che l’arrivo sia puntuale. Chiacchieriamo sereni con i nostri compagni con i quali abbiamo creato un gruppo amichevole. Ci raccontiamo gioie e dolori, con la sincerità estrema che distingue i rapporti fuggevoli, i figli, le morti, le malattie, le povertà e le ricchezze. L’uomo peloso, dal viso come il Cristo Pantocratore del Duomo di Monreale, ha due figli di sette e tre anni, è stato operato di ischemia cerebrale e torna da una visita di controllo, i suoi occhi, sotto le sopracciglia folte, sono di quel verde cupo caratteristico di noi meridionali. La signora che viene dalla svizzera ha perso il figlio che aveva 17 anni e poi il marito e ha tenuto per anni una pizzeria. Il giovane seduto dietro porta una cartella di documenti gonfia e misteriosa. Passano altri 2 controllori e alla vista dei nostri biglietti di prima classe obiettano che non dovremmo stare in seconda. Hanno l’aria di considerarci colpevoli di un crimine, l’atmosfera rilassata si disperde, ma non abbiamo la forza di dire nulla. Uno dei 2 afferma infastidito che non gli hanno comunicato nulla, e che nel vagone di prima classe tutto funziona alla perfezione; sono circa le 18 e arriveremo tra un’ora. Sorridiamo inebetiti: allo scorno si è aggiunta la beffa. Rimaniamo dove siamo nell’attesa dell’arrivo oramai prossimo. Speriamo di non essere ancora sottoposti ad angherie varie, ma non è finita. Quasi all’arrivo, un capotreno calvo col riporto di quattro peli, tinti di biondo, dopo lungo interrogatorio ci spiega come fare per avere il rimborso della differenza di costo del biglietto. Dovremmo trascorrere alla stazione di Palermo ancora un’ora per riempire moduli, fornire indirizzi privati e codice fiscale, per avere non un rimborso ma un tagliando per una prossima disavventura. Il treno arriva puntuale , il fratello di mia moglie ha la macchina in doppia fila e dobbiamo fare in fretta per tuffarci nella nostra bella e tanto desiderata Palermo.
Ritorno- viaggio Palermo / Roma
Stazione di Palermo ore 7.00
Dal giornalaio abbiamo comprato due mazzi di carte; al ritorno non ci faremo prendere alla sprovvista, faremo partite di burraco per anestetizzarci delle 12 ore di viaggio. Saliamo sul vagone: pulito, funziona tutto. Ci sediamo nelle nostre poltrone accanto al finestrino e attendiamo la partenza. Ecco siamo in movimento e …..tentiamo di aprire il vano sotto il finestrino sporco per estrarre il tavolino estensibile….
Niente da fare: è saldato come tutti gli altri!
Evviva ‘Treno Amico’evviva ‘Trenitalia’.
Giuseppe Davì
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Etichette: Cronache